SEO e Adv: come contrastare la competizione online

In contrasto con quella che è la percezione generale, il 2020 non ha rappresentato il picco massimo nell’utilizzo degli e-commerce da parte dei consumatori, nonostante l’online sia stato, per alcuni periodi, l’unico mezzo a disposizione per poter fare acquisti.

Sia nel 2021 che nel 2022 abbiamo assistito a un incremento dell’interesse degli utenti verso il canale online, con conseguente aumento delle ricerche e delle entrate totali degli ecommerce, specialmente in alcuni settori.
Sarebbe più esatto considerare quindi il 2020 come l’anno della “formazione del consumatore finale” dove si è ridotto il gap della digital divide soprattutto per le generazioni meno vicine al mondo digital, accrescendo consapevolezza e incrementando l’uso degli asset digitali e di conseguenza dei volumi di interesse.

Fonte: Google Internal Data, 2019 – H1 2022

 

Gli investimenti e la competizione online aumentano – Marketplace: opportunità o minaccia?

Con l’aumentare della domanda e il cambiamento delle abitudini di consumo, molti player di diverse industry si sono quindi attrezzati accelerando i processi di trasformazione digitale già in atto, portando a un inevitabile aumento della competizione online sia diretta che indiretta – specialmente con i marketplace – in una gara per intercettare per primi i consumatori che guardano all’online per effettuare i propri acquisti.

Source: Google Internal Data, 2019 – H1 2022

 

L’incremento progressivo dei costi per clic ha richiesto di conseguenza un aumento degli investimenti pubblicitari per mantenere performance elevate e non perdere quote di mercato nei confronti di questi nuovi attori del mercato online.
I marketplace in questo contesto non sono soltanto veicoli di visibilità per i brand, ma diventano competitor diretti quando l’utente è ancora in una fase esplorativa, nel momento cioè in cui non ha ancora espresso la propria scelta per uno specifico marchio.
Analizzando le principali ricerche in ambito fashion sulle categorie generiche (quindi non collegate a un brand) è rilevante la copertura che offrono marketplace e aggregatori nella Search, con un presidio del 66% della visibilità sui motori di ricerca.

Fonte: Google Internal Data, ranking report no brand keyword – settore fashion

 

Al contempo è necessario constatare come questi siano una preziosa risorsa per i brand perché consentono di aumentare l’awareness e raggiungere nuove audience, non necessariamente già familiari con la marca e i suoi prodotti, in un contesto e momento specifico di alta propensione all’acquisto.

Diventa così fondamentale poter monitorare le continue evoluzioni di scenario, grazie a strumenti capaci di far comprendere l’impatto della competizione sulla propria visibilità e che permettano di valutare l’effettivo vantaggio competitivo e la marginalità generata dalle partnership con marketplace o aggregatori alla luce delle missed opportunities sui nostri canali.

Lavorare sulla Search: la SEO come bilanciamento degli investimenti in adv

La struttura degli annunci si è adattata a una volontà sempre maggiore di Google di spostarsi verso l’automazione nell’utilizzo ed evoluzione dei propri strumenti di advertising.
Un chiaro esempio di questo intento viene incarnato dalle Performance Max, la nuova tipologia di campagne che si concentra su specifici obiettivi di business e sfrutta l’automazione per raggiungerli in modo più efficiente.

La potenza di queste nuove campagne risiede nel fatto che, a seconda dell’obiettivo e del target, è lo strumento a decidere quale canale utilizzare, pescando da tutta l’inventory di Google (YouTube, Display, Search, Discover, Gmail e Maps), ottimizzando i costi e le performance. Anche la struttura della search si sta adattando a questi cambiamenti: Google utilizza strumenti sempre più automatizzati (algoritmi di smart bidding) per comprendere il contenuto delle pagine e l’intento di ricerca in modo da fornire la miglior risposta al consumatore.

In questo contesto le keyword perdono centralità a livello di bidding, ma risultano sempre più importanti nell’ottimizzazione dei siti, per far sì che i motori di ricerca restituiscano all’utente risultati più rilevanti.
Il fatto che l’ottimizzazione del sito fosse un obiettivo diretto al miglioramento del presidio organico e della user experience del consumatore è un’informazione ormai nota, ma oggi diventa centrale nella strategia digital anche per le performance delle campagne a pagamento, dove questa attività incide su conversion rate e CPC.
Un esempio che va in questa direzione sono i DSA (Dynamic Search Ads), che utilizzano i contenuti di un sito per fornire agli utenti annunci rilevanti sulla base del loro intento di ricerca:

Campagne su siti ottimizzati dal punto di vista SEO portano un netto miglioramento in ottica di costi benefici. Il tasso di conversione raddoppia (+100%) in favore di un risparmio significativo in termini di costi, riducendo il costo per click del 70%.

 

Avere una strategia SEO a supporto del sito non sarà quindi fondamentale solo in vista di un incremento del traffico organico generato del sito, ma risulta essenziale nella strategia digitale generale agendo come calmiere dei costi per gli investimenti a livello advertising.

La SEO diventa quindi la base di partenza per costruire visibilità duratura nel tempo e al tempo stesso il paid search sarà il plus che permette di raggiungere risultati migliori nel breve periodo.

Il rischio di conclusioni affrettate

Attenzione alle conclusioni: in un ecosistema altamente competitivo come quello attuale, pensare di poter disinvestire, anche nel caso di buoni risultati di posizionamento organico, rischierebbe di favorire la competizione e di minare i risultati ottenuti tramite le spese sostenute fino ad ora.

Considerando anche il trend in costante crescita di ricerche brand online, tutelare il presidio grazie alle campagne search evita che altri competitor possano guadagnare traffico sfruttando il nostro nome.

A supporto delle campagne performance è necessario potenziare l’awareness e la comunicazione del proprio brand concentrandosi sulla riconoscibilità per accrescere le opportunità di conversione, soprattutto quando il consumatore si trova nella fase di esplorazione e comparazione e non ha ancora espresso una preferenza.

Inoltre, avvicinare il brand alla categoria merceologica di interesse o con più marginalità con l’obiettivo di renderlo top of mind nella mente del cliente finale permette, sul lungo periodo, una crescita incrementale delle conversioni.

Per questo motivo Awareness e Performance giocano un duplice ruolo nel capitalizzare l’investimento fatto e nel garantire la competitività, queste insieme ad un’ottimizzazione SEO ormai assodata concorrono in modo sinergico ad alimentare la strategia digital.

Questo articolo è stato scritto da Stefano Bocchini, Alfredo Landini, Digital Marketing Strategists e Gabriele Toschi, Head of SEO.

 

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