Digital Markets Act, gli impatti un mese dopo l’entrata in vigore

Cos’è successo il 6 Marzo?
È entrato in vigore il Digital Markets Act, che insieme al Digital Service Act, compone il pacchetto di regolamenti pensati dall’Unione Europea per proteggere la privacy dei propri cittadini e mettere un freno alle posizioni dominanti delle BigTech. In particolare sono stati individuati 6 gatekeeper: Alphabet (Google), Meta, Microsoft, ByteDance (TikTok), Apple e Amazon. Recentemente sono stati presi in esame gli app store di alcuni di questi colossi per verificare che le piattaforme consentano agli sviluppatori di app di “orientare” i consumatori verso offerte esterne ai propri store, gratuitamente.

Quali impatti ha avuto il Digital Market Acts sugli strumenti Google?

Necessario update dei consensi
Google ha richiesto l’integrazione o l’aggiornamento alla Versione 2 di Consent Mode e l’aggiornamento delle Customer Match API in modo da consentire il passaggio delle informazioni di consenso dell’utente alle piattaforme.

Dismissione delle funzionalità pubblicitarie su Universal Analytics 360
(ad es.: export conversions e audiences da UA360 a Google Ads e Google Marketing Platform).
Google procede all’eliminazione graduale del supporto alla piattaforma, ormai deprecata. Universal Analytics 360 continuerà a raccogliere dati fino all’1 luglio 2024.

Drop hit di Google Ads
SI tratta in realtà di un falso positivo. Saranno necessari circa 5 giorni di assestamento dei dati per la loro corretta visualizzazione. Si assisterà quindi sempre a un drop nei 5 giorni precedenti alla data odierna.

 

Drop riguardante le audience GA4 su Google Ads
Nel caso di utilizzo di audience provenienti da GA4 su Google Ads, si verificherà un drop consistente dal 6 marzo 2024, perché Google non gestisce correttamente i consensi tra le piattaforme, nemmeno con l’update di Consent Mode alla versione 2. Per poter utilizzare questa funzionalità è essenziale avere CoMo v2 e Google Signals attivi, ma non è sufficiente: pare infatti sia necessario -almeno per il momento- impostare un workaround su Google Tag Manager, aggiungendo manualmente un flag dinamico in base al consenso utente. 

Quali impatti abbiamo riscontrato sul tracciamento dei dati?
Abbiamo mappato internamente i dati dei clienti a nostra disposizione e, dall’esperienza rilevata, non abbiamo riscontrato discrepanze sulla raccolta di dati sulla totalità delle aziende che avessero implementato CoMo V2 Advanced. 

Si riscontrano invece drop in caso di configurazione di CoMo Basic. Gli impatti hanno riguardato il popolamento delle audience importate da Google Analytics 4 a Google Ads, che hanno mostrato un calo sensibile nei volumi di utenti praticamente a tappeto.

I dati di Google Ads su GA4, inoltre, a seguito del Digital Markets Act, potrebbero non essere correttamente associati al canale di riferimento Google/CPC. Per ora abbiamo rilevato un unico caso e siamo intervenuti aggiungendo all’auto tagging Google Ads UTM specifici a livello di campagna.

Sottolineiamo quindi la rilevanza di CoMo v2 per mantenere la solidità dei dati raccolti. I vantaggi sono chiari, perché la possibilità di recuperare parte del comportamento utente, comprendendo quando questo compie una determinata azione anche avendo negato il consenso, è ovviamente indispensabile alla misurazione dei risultati di qualsiasi attività. 

Google stima in circa il 65% la percentuale di recupero del tracciamento delle azioni utente provenienti, ad esempio, da un annuncio. Chiaramente qualora non venga implementata, da marzo Google sta impedendo qualsiasi ulteriore raccolta dati da siti che utilizzano le sue tecnologie di ADV, escludendoli da qualsiasi servizio.

Questo articolo è stato scritto da Clio Capitani, Digital Advertising Team Manager, e Daniela Pedroni, Digital Analytics Tech Team Manager.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *