Intelligenza artificiale: possono i robot essere davvero creativi?

“AI will not replace most jobs anytime soon. But in almost every industry, people using AI are starting to replace people who do not use AI, and the trend will only accelerate”.

Con queste parole il Professore della MIT Sloan School of Management, Erick Brynjolfsson, descrive il ruolo che l’intelligenza artificiale (AI) ricoprirà nel mondo del lavoro. L’integrazione tra il mondo reale e quello digitale è sempre più evidente e, nonostante l’AI sia una delle tecnologie più studiate, rimane una delle più temute. Spesso ci si preoccupa di più di che cosa smetteremo di fare a causa dell’intelligenza artificiale invece di esplorare tutto ciò che di nuovo potremmo sviluppare proprio grazie a questa tecnologia.

Già da alcuni anni assistiamo alla graduale implementazione dell’AI in diversi ambiti lavorativi: alcuni ne sono già pervasi, altri ne stanno studiando le potenzialità. Anche il mondo del marketing e della comunicazione non è di certo un’eccezione, dove l’intelligenza artificiale viene già attivamente utilizzata a supporto del customer care, per ottimizzare l’estrazione di informazioni da grandi quantità di dati, per migliorare la user experience e per personalizzare la customer journey.

Invece, uno degli ambiti che si considera meno affine all’AI, e quindi al riparo dalla sua ingerenza, è quello della creatività: robot dotati di intelligenza creativa sono sempre esistiti soltanto nei film di fantascienza.

O almeno così era fino a qualche anno fa.

Quando all’AI viene insegnata la creatività

Oggi il raggio d’azione dell’intelligenza artificiale è decisamente più ampio rispetto al passato, grazie anche a una nuova e più dinamica applicazione degli algoritmi. L’AI non si limita più a sole formule matematiche che permettono di impartire istruzioni precise ad un computer abilitandolo a svolgere autonomamente attività meccaniche e ripetitive. Partendo da dati noti, l’intelligenza artificiale è ormai capace di estrapolare le informazioni necessarie per trovare soluzioni nuove a problemi mai visti prima.

Com’è possibile che l’AI riesca ad avvicinarsi così tanto alla capacità umana di creare qualcosa di originale?

Il cambiamento è avvenuto nel momento in cui siamo passati da un apprendimento supervisionato, dove la macchina è istruita per compiere azioni automatiche in presenza di determinate informazioni, ad un apprendimento con rinforzo in cui l’algoritmo è programmato per imparare in modo attivo da stimoli esterni e adattarsi di conseguenza ai cambiamenti dell’ambiente.

È così che arte e matematica si avvicinano per la prima volta: regole matematiche e predittive sono applicate al mondo delle arti emulando e, forse in futuro, sostituendosi alla creatività umana.

Dall’incontro tra AI e universo creativo, nascono diversi software d’intelligenza artificiale capaci di generare diverse forme d’arte: scrivere testi e poesie, comporre suoni e melodie e addirittura dipingere quadri. A prescindere dal formato dell’output finale, che sia testuale, sonoro o visivo, la metodologia è pressoché la stessa. La macchina parte dall’analisi di un’immensa quantità di dati, apprende così le informazioni e istruzioni necessarie per poi produrre qualcosa di nuovo.

Un esempio nell’ambito della pittura è The Next Rembrandt: un nuovo Rembrandt stampato con una stampante 3D e creato dall’intelligenza artificiale dopo aver studiato per 18 mesi 346 dipinti del famoso pittore olandese.

The Next Rembrandt | https://www.nextrembrandt.com/

The Next Rembrandt | https://www.nextrembrandt.com/

Anche nel mondo della scrittura, sono tante le grandi realtà, dal Washington Post e Forbes a Microsoft per citarne alcune, che già si affidano a tool di AI, quali Heliograf o Synthesia ad esempio, per le attività più semplici e meccaniche come identificare notizie di tendenza, ottimizzare titoli, scegliere immagini e scrivere testi brevi riguardanti l’aggiornamento di dati. La conseguenza naturale dell’adozione di questi software è lo scenario più temuto: i contratti di lavoro del personale non necessario non vengono rinnovati oppure alcune risorse vengono indirizzate verso altre mansioni.
Per ora, questi tool vengono utilizzati per svolgere attività abbastanza semplici e ripetitive lasciando i compiti più creativi e complessi all’intelletto umano.

Cosa succederà, però, quando la capacità creativa dell’intelligenza artificiale sarà così sviluppata da abilitarla a risolvere anche le sfide più difficili?

Quella sopra descritta è una realtà che potrebbe essere più vicina di quanto immaginiamo. Esistono già algoritmi programmati per scrivere storie nuove partendo da una serie di dati, o macchine in grado di imparare la scrittura di un autore e produrre da zero testi nello stesso stile.

Contents.com e Ghost Writer AI, ad esempio, sono due piattaforme digitali di content marketing basate sull’intelligenza artificiale. Contents promette di generare contenuti originali e di ottima qualità dimezzando i tempi di produzione. L’algoritmo è istruito da un approccio data driven e seleziona solo le fonti più attendibili producendo testi per ogni finalità: ecommerce e siti web, schede prodotto, post per social media e blog. Anche Ghost Writer AI scrive automaticamente testi brevi e post partendo dall’analisi di contenuti e argomenti d’interesse per l’audience di riferimento e successivamente monitora l’andamento del post per adattare la scrittura e migliorare le performance di testi futuri. Non vi sembra forse la job description di un social media manager?

In più, la piattaforma sfrutterà i KPI di campagne precedenti per individuare i messaggi più efficaci per guidare le conversioni, senza dover sostenere i costi di attività di a/b testing.

L’AI può davvero essere creativa?

Dopo aver scoperto le potenzialità di questi nuovi software, la domanda circa la qualità effettiva dei loro output sorge spontanea.
Fino a che punto un robot può essere davvero creativo e in grado di produrre contenuti originali?

Se da una parte non ci sono dubbi riguardo alla capacità e alla velocità delle macchine di analizzare grandi quantità di dati estrapolando solo le informazioni più rilevanti, dall’altra parte la facoltà creativa dei robot rimane avvolta in un alone di scetticismo e timore. Il comun denominatore di tutti i generatori automatici di contenuti originali sembra essere la necessità di partire da una base già esistente, da un set di dati da studiare, imitare e rielaborare rendendo quindi le macchine incapaci di creare arte dal nulla. Tuttavia, è anche difficile dimostrare l’assoluta originalità delle creazioni umane. Tutti noi siamo infatti influenzati da stimoli costanti, a volte gli artisti stessi dichiarano di aver preso spunto da qualcosa in particolare e spesso la produzione di nuovi output deriva da un processo di simulazione e ispirazione.

Quindi, cosa ci rende più capaci dei robot? Cosa rende l’intelligenza umana superiore a quella artificiale?

La motivazione. L’intento creativo che ci spinge a creare qualcosa è, ancora, umano. Un robot non può desiderare di approfondire un determinato aspetto della realtà, non sente il bisogno di esprimere sentimenti e sensazioni che, tra l’altro, non è ad oggi in grado di provare. È ancora l’artista che sente nascere il desiderio di esprimere se stesso e, in alcuni casi, decide di utilizzare l’intelligenza artificiale per farlo. Quindi, anche in una realtà in cui le macchine sono dotate di creatività, rimangono sempre prive di autonomia creativa.

Inoltre le grandi potenzialità dell’AI si basano su processi di machine learning che non potrebbero apprendere così tanto senza il contributo umano, senza dati, informazioni, esempi e istruzioni che diamo in pasto all’algoritmo. Di conseguenza, per com’è lo stato attuale della tecnologia, sarebbe più corretto parlare di opere d’arte, di melodie, di testi e di contenuti prodotti grazie all’assistenza di intelligenza artificiale piuttosto che generati in autonomia dalla macchina.

Tornando infine ai software di AI attivi nel campo del content marketing, il discorso è il medesimo. I robot sono più veloci a suggerire parole pertinenti ad un concetto noto e scrivere testi automatici partendo da grandi archivi di dati? Sì.
Sono più efficienti a predire best practice sulla base di KPI di attività precedenti? Anche in questo caso, sì.
Però la creazione di contenuti non è una scienza esatta, non si può basare solo su regole predittive, istruzioni e dati, non può procedere solo per simulazione e ispirazione. La creazione di contenuti, o almeno di quelli più innovativi e strategici, richiede capacità di guardare fuori dagli schemi, richiede pensiero critico, sensibilità e tanta passione.

Anche se oggi esistono software capaci di scrivere un testo adatto all’audience di riferimento, di declinare correttamente il tone of voice e di identificare le parole capaci di generare conversioni, l’intelligenza artificiale non è ancora in grado di formare una propria opinione, non ha un cuore e non prova emozioni che invece permettono all’uomo, quando serve, di andare oltre i dati e stupire.

Cosa riserva il futuro dell’AI per i creativi?

Dove ci porterà l’evoluzione tecnologica dell’intelligenza artificiale? Quali ripercussioni avrà sul futuro lavorativo dei creativi?

Saperlo con esattezza è difficile. Sicuramente i sistemi di AI saranno sempre più utilizzati nel processo creativo e di creazione di contenuti e ci verrà chiesto di collaborare attivamente con le macchine per ottimizzare attività e processi che già svolgiamo o per esplorarne di nuovi. La risposta alle preoccupazioni e ai dubbi provocati dall’intelligenza artificiale non è però il timore verso questa nuova tecnologia, almeno ad oggi, abbiamo caratteristiche e capacità diverse che possono interagire arricchendosi a vicenda. L’atteggiamento giusto è quello di lavorare per instaurare una collaborazione produttiva e costruttiva tra creativi e AI con la finalità di migliorare le nostre performance.

I lavori dei creativi non spariranno tanto presto per essere sostituiti da robot ma subiranno sicuramente dei cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda la creatività al servizio di marketing e comunicazione. Già da qualche tempo copy e art director che presentano l’accoppiata di competenze creative e di data analysis sono molto apprezzati e ipotizziamo lo saranno sempre di più. Avere una base di conoscenze tecnologiche, di programmazione, e di analisi sarà un elemento differenziante nel nuovo mondo del lavoro dove l’intelletto umano convive con quello artificiale.
Se in futuro riusciremo a scrivere delle formule che insegnino la creatività agli algoritmi, probabilmente l’operatività della creazione di contenuti, del social media marketing e delle campagne di performance verrà affidata in percentuale sempre maggiore a sistemi di AI, e il creativo supervisionerà l’operatività intervenendo dove necessario e si muoverà verso un ruolo consulenziale e strategico, diventando l’uomo dietro la macchina, per indirizzarla e istruirla al meglio. Ricordiamo che ai robot manca ancora l’autonomia creativa: l’uomo rimane indispensabile per attivare l’algoritmo di AI e di conseguenza l’intento umano, il bisogno di esprimersi, rimane il valore aggiunto essenziale per dare il via al processo creativo.

E quindi, come diceva Erick Brynjolfsson, Professore della MIT Sloan School of Management, l’intelligenza artificiale non ruberà il lavoro di nessuno, ma lo farà chi saprà utilizzare l’AI al meglio.

Fonti

https://ghostwriter.ai/strumenti-data-enrichment-intelligenza-artificiale/https://contents.com/it/page-contents-text
https://ai-writer.com/
https://www.nextrembrandt.com/
Il codice della creatività. Il mistero del pensiero umano al tempo dell’intelligenza artificiale, Marcus Du Sautoy, 2019, Rizzoli
https://www.zerounoweb.it/resource-center/data-science-machine-learning/intelligenza-artificiale-nel-marketing-esempi-e-applicazioni/
https://www.digitech.news/quando-a-scrivere-contenuti-coinvolgenti-e-intelligenza-artificiale/
https://injenia.it/inthinking/creativit%C3%A0-e-intelligenza-artificiale/
https://www.ted.com/talks/refik_anadol_art_in_the_age_of_machine_intelligence#t-45708

Questo articolo è stato scritto da Alice Zinna, Digital Content Specialist di Daimon, per il blog di Webranking.

 

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