Analytics a confronto: le differenze tra Google e Adobe

Sappiamo bene quanto la raccolta dei dati di navigazione sia fondamentale per capire il comportamento degli utenti al fine di ottimizzare gli obiettivi di business.
La premessa per tale attività è la scelta dei servizi di analytics data tracking.

Adobe Analytics e Google Analytics sono tra gli esponenti di maggior rilievo che, negli anni, hanno lavorato per offrire una qualità sempre migliore dei propri strumenti.
In questo articolo evidenzieremo le principali differenze tra i due strumenti, ricordandoci sempre che le considerazioni da fare a monte sono quelle che riguardano il tipo di business, le risorse e competenze tecniche a disposizione nonché la complessità dei siti su cui andare a misurare le azioni degli utenti.

Spesso si valutano pro e contro riguardanti la libertà di personalizzazione di un report o la qualità del dato effettivamente messa a disposizione.
Raramente, invece, si prende in considerazione il setup stesso della soluzione che si vuole adottare (e i costi derivanti), ponendo meno attenzione a problematiche come la complessità nell’effettuare un tracciamento, quali libertà di gestione vengono date quando si implementano i tracciamenti e che valore aggiunto viene dato al tracciamento stesso in fase di setup.
Queste sono tutte considerazioni da prendere in esame dopo approfondite analisi, in quanto il dato che poi viene utilizzato per creare strategie data driven dipende direttamente da quello che è stato raccolto.

La strategia, la conoscenza tecnica e il corretto setup della soluzione che adotteremo saranno la struttura portante di un business basato su dati solidi e qualitativamente di valore.

Passiamo ora alla pratica, quindi all’analisi del funzionamento e della configurazione di Adobe Analytics e Google Analytics, descrivendo i differenti approcci.

1 — Possibilità di customizzazione

Sebbene Adobe Analytics e Google Analytics permettano di svolgere il medesimo compito, ci sono alcune differenze tecniche che portano ad approcci differenti già dal momento della stesura di una strategia o un documento operativo.
Intanto possiamo già dire che entrambe le soluzioni forniscono pacchetti che possono essere considerati base e premium.

Google Analytics mette a disposizione una suite free che permette un primo setup con alcuni limiti tra cui 20 dimensioni e 20 metriche personalizzabili (custom dimensions e custom metrics), utilizzabili con la versione gratuita del servizio, che aumenteranno generosamente solo qualora si passasse alla versione premium (GA360), fino ad arrivare a 200 dimensioni e altrettante metriche.

Adobe Analytics, dal canto suo non prevede una suite free, ma mette a disposizione diverse proposte che permettono di usufruire di numerose variabili di traffico (props), variabili di conversione (eVars) e fino a 1000 eventi custom di conversione (events).

Come è quindi facile notare, a fronte di un minimo contrattuale anche nella versione base, Adobe Analytics pone l’accento su una vasta libertà di customizzazione strategica e di implementazione mentre Google Analytics tende a fornire meno personalizzazione partendo, però, da un prodotto gratuito, allo scopo di far utilizzare dimensioni e metriche già messe a disposizione dalla suite e quindi dando già una linea guida sulla definizione di una strategia.

2 — Differenze nell’implementazione del tracciamento

Gli approcci di tracking richiedono, per Adobe Analytics, un’accurata configurazione dello strumento per la raccolta dei dati che si andranno a monitorare. È infatti importante che lo sviluppatore configuri manualmente ogni singola parte del tracciamento, dando piena libertà di mettere in atto strategie che potrebbero non essere possibili o limitate in ambienti più chiusi o con una linea strategica predefinita.

Google Analytics, dal canto suo, richiederà una minore mole di configurazione demandando allo sviluppatore, il più delle volte, la sola configurazione delle definizioni custom.
La gestione di valorizzazioni come quelle dei dati di campagna, infatti, è completamente guidata da regole ben precise che Google stesso fornisce, con la creazione di campi direttamente in URL (i cosiddetti utm), la cui compilazione è demandata, volta per volta, a chi gestisce la campagna, togliendo questo onere allo sviluppatore.

3 —Complessità del tracciamento ecommerce

Come per le interazioni utente, anche per i tracciamenti ecommerce è importante considerare una parte di configurazione più approfondita per entrambe le soluzioni.
La necessità è infatti quella di andare a tracciare i prodotti che l’utente visualizza, con i quali interagisce e acquista.

Le differenze sostanziali sono effettivamente da trovare nel come i dati di prodotto vengono raccolti; lato implementativo Google Analytics fornisce, ancora una volta, regole ben precise di come questi debbano essere preparati per essere tracciati, con semplici associazioni chiave: valore, fornendo così un funnel predeterminato con alcune possibilità di personalizzazione.

Adobe Analytics, rispettando il suo approccio più aperto, permette una gestione libera dei tracciamenti ecommerce, fornendo libertà di definizione del funnel. Questa via potrebbe risultare più complessa per quanto riguarda la necessità di effettuare eventuali fix tecnici in fase di sviluppo, mentre l’approccio di Google Analytics risulterà di più semplice lettura ma con regole ben precise da rispettare, che potrebbero rappresentare un fattore limitante per il business case.

4 — Confronto tra Tag Manager

Come è noto i Tag Manager consentono di semplificare gli update o fix dei tracciamenti di analytics e di advertising, rendendo l’implementazione direttamente in pagina più snella e veloce, preservando la qualità dei dati tracciati ed evitando di attendere i cicli di rilascio degli IT, che per esigenze di processo e qualità sono molto distanziati tra loro e non reggono la velocità dei cambiamenti marketing (la cosiddetta business agility).

Negli anni si è resa sempre più comune la necessità di semplificare gli interventi di update o fix dei tracciamenti analytics; l’implementazione direttamente in pagina porta spesso a ritardi su questo fronte, a discapito della qualità del dato tracciato.

Si tratta di un approccio che consente anche di diminuire drasticamente i tempi di setup e gestione dei tracciamenti.
Tra le soluzioni più comuni troviamo proprio quelle di Google e Adobe, comprese nelle rispettive suite Analytics.

Questi tag manager rispecchiano la filosofia delle suite di appartenenza:
– Google Tag Manager (GTM) presenta una struttura suddivisa in Tag, Trigger e Variabili di facile comprensione e permette di lavorare su tag preconfigurati — riguardanti tutto il mondo Analytics e Advertising di Google — rendendo necessaria solo una piccola componente compilativa/di configurazione nei setup più semplici e una di customizzazione altrettanto intuitiva in quelli più complessi.
– Adobe Experience Platform Launch (comunemente, Launch), si presenta come un ambiente che dà completa libertà di implementazione e configurazione dei tracciamenti Analytics e Advertising, semplificando notevolmente il loro inserimento grazie a un sistema di Extension, Rules e Data Elements. Anch’esso permette di usufruire di estensioni Adobe preconfigurate, per venire incontro anche a chi è tecnologicamente meno avvezzo alla configurazione fortemente personalizzata a cui Adobe ci ha abituati.

Conclusioni

Per concludere, è ben visibile come anche il panorama di implementazione tecnica sia importante, rispetto alla sola componente reportistica.
Mentre la soluzione di Google non richiede una esosa componente di configurazione, prendendosi carico di gran parte del lavoro e facendo già determinate scelte per noi, Adobe dà all’azienda tutti gli strumenti per muoversi verso una configurazione più profonda e personalizzata, ma che richiede maggior attenzione e maggior rischio di avere una raccolta dati meno efficace.
La scelta giusta sarà quindi da far cadere non solo basandosi su come il dato viene trattato e gestito una volta che l’abbiamo già raccolto, ma anche in base a quanto le skill del proprio team tecnico possano portare alla raccolta del dato in modo ottimale, oltre che sullo specifico business case del cliente e su quanto questo si possa considerare diffuso o distante dalla norma.

Questo articolo è stato scritto da Andrea Raccuglia, Digital Analytics Tech Specialist.

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